giovedì, Gennaio 9
Shadow

L’università popolare dell’area falisca

L’università popolare dell’area falisca

Il territorio falisco costituito da comuni di piccole dimensioni  che oggi caratterizzerei come il distretto industriale ceramico, condivide nei suoi centri  tratti omogenei  storico culturali all’interno dei quali  si aprono scenari di forte differenziazione, un po’ come se la storia riproducesse lo scenario geografico del territorio, la vasta pianura  a sud dei Cimini che vede il Soratte come riferimento  e che nasconde a brevi tratti “forre” con una loro vita e un loro microclima.
Si pensi a Fabrica di Roma incardinata e parte dello stato di Castro e Ronciglione,con vicende diverse da Civita Castellana, ma che oggi ha nel suo territorio la gran parte dell’attività produttiva del distretto ceramico senza  neppure  sentirsi amministrativamente questo ruolo e responsabilità.
Ho voluto  premettere questa nota  perché  vedo una università popolare  possibile e necessaria solo  per l’intero territorio, ma questa deve essere in grado di  dare risposte ed illuminare i suoi  angoli diversi.

Uno sguardo al territorio

Non è il luogo per sciorinare cifre ma dei macro fenomeni non  possono non essere richiamati: abbiamo, ad esempio, comuni con un saldo demografico positivo (Nepi) e comuni con saldo negativo. Comuni  come Nepi, Monterosi  sentono una presenza forte della capitale, un crescente numero  di  persone che vengono a trascorrere nella nostra area il tempo non lavorativo e si stabiliscono in centri residenziali. La scelta del nostro territorio non è solo dovuta ad una più forte considerazione della qualità della vita,  spesso è una scelta forzata da situazioni familiari che non consentono più di sopportare i costi quotidiani di  Roma, o un punto di arrivo  dell’immigrazione comunitaria e extracomunitaria. Altri  comuni rimangono meno coinvolti  da   questi flussi  demografici e hanno un saldo demografico  negativo.
La realtà produttiva  è fortemente  cambiata  nel fatturato, interi settori della ceramica hanno chiuso,mentre in altri è mutato il ciclo produttivo e con esso le competenze richieste per il lavoro.
Le scuole superiori sono ormai tutte presenti nel territorio,  ma non sempre generano  la vivacità  culturale che in questo panorama sarebbe necessaria.
La formazione  è praticamente assente e quando propone  dei corsi  questi sono staccati da una vera analisi dei fabbisogni  e da un quadro progettuale  di sviluppo che il territorio  condivida.
Contestualmente, la mobilità nel lavoro  ha registrato la diminuzione  di migliaia di posti di lavoro.

La risposta positiva nel territorio dell’area VT5 alla sollecitazione regionale  per  una costituzione di un comitato per l’educazione degli adulti ,  rivela una nuova sensibilità o una nuova emergenza che  viene percepita da amministratori e cittadini; questi  avvertono l’esigenza di completare un loro progetto personale , di riempire con interessi culturali il quotidiano,altri in modo più pressante   hanno bisogno di convertire o ricostruire nuove competenze per il lavoro;  in questo spazio di attenzione  si colloca  l’attività dell’università popolare.

In Italia, tra gli scopi  delle Università Popolari,  vi è storicamente  la volontà di offrire ai cittadini di tutte le età un servizio di crescita culturale. I corsi offerti  riguardano   i  più diversi argomenti, rispondendo  all’esigenza di un aggiornamento , come  al bisogno di una  preparazione specialistica  per  chi intende inserirsi e qualificarsi nel mondo del lavoro.
Altre volte  la  finalità dell’istituzione sembra  avere alla base l’idea di  un luogo di ritrovo delle persone, per combattere la loro solitudine.

Un tempo, grazie alla sensibilità sociale e al volontariato, a proposte del mondo religioso parrocchiale e associazionistico, era possibile raggiungere alcuni degli obiettivi  descritti; oggi a quel quadro  non si è sostituita una nuova ,”laica “ progettazione organica del territorio, ma  si tende  a pensare al pubblico   come strumento di finanziamento , come centro istituzionale  che permette accesso  a  risorse  locali o europee.
Se riuscissimo a valorizzare la leva del volontariato, dell’associazionismo e ricondurre questi ad  una visione organica del territorio,  supereremmo impasse burocratici e daremmo un valore aggiunto all’attività.

Delle risposte al territorio

Costruire un progetto condiviso per il futuro, permette di ricondurre le risorse alle progettualità locali evitando  sovrapposizioni , inutile dispiego di impegni finanziari e frammentazione, ribaltando così l’approccio di  tanti  progetti di formazione  oggi  costruiti guardando più   alle disponibilità e ai caratteri dei finanziamenti ottenibili con il  fondo sociale europeo  piuttosto che alle effettive esigenze del territorio.

L’intero sistema economico del distretto , sta infatti vivendo come molte altre realtà locali a nord di Roma , una fase di riconversione e ristrutturazione aziendale laddove non addirittura di completa dismissione degli impianti industriali e artigianali esistenti, contestualmente    popolazione e  attività economiche dal cuore metropolitano romano si muovono  verso i nostri   territori sollecitando  i comuni  raggiunti dalle consolari , mutando la fisionomia della   popolazione e  le attività  interne all’area stessa.
Rallentamento economico da un lato e  nuove opportunità di sviluppo  territoriale dall’altro richiedono  un’azione di media-lunga durata attraverso la quale si possa  operare   una rivitalizzazione dell’economica, della cultura e del sociale.

In questo ambito l’università popolare può operare  nella cultura e nel sociale,offrire formazione per il lavoro,incentivare il ruolo di attrazione del territorio rendendolo ospitale, lavorando per  il miglioramento della qualità della vita, dell’offerta sociale, culturale e turistico-ricreativa.
Occorre mettere  a sistema e promuovere tutte le risorse presenti sul territorio, valorizzando le relazioni con gli attori locali .
Di qui la  logica  di  armonizzare l’intervento dell’università popolare all’interno dell’Educazione per gli  adulti e di un lavoro di analisi dei fabbisogni che  i comuni della VT5 hanno intrapreso.
Si tratta di scrivere un libro,  ma un libro i cui capitoli non siano staccati bensì parte di un progetto unitario.
Quale università popolare risponde a questo quadro? Tempo libero e terza età o didattica? La risposta non  deve essere  cercata in  un nome, non in  un soggetto giuridico  quanto nel  disegno: la dimensione dovrà coprire l’intera area, le esigenze spesso diverse  dovranno comporsi  quale sia il comune capofila, indipendentemente dalla struttura istituzionale  che la ospiterà.
La scelta, a nostro giudizio, è di attribuire  un connotato propriamente didattico e risponde alle  concezioni più moderne e rispettose delle persone. “Le persone anziane sono prima persone poi anziane”, lo stesso vale per le  altre categorie sociali.
Quando si fa didattica si creano i presupposti di affiatamento tra le persone più che di quanto accada con semplici attività ludiche. Nel nostro caso la didattica mentre forma una persona, la fa socializzare, risponde anche alle forti esigenze di riqualificazione di un territorio che ha una profonda trasformazione come distretto industriale, e un più grande mutamento  demografico.
Analizzando  i dati nazionali  osserviamo  che non tutte le Università operano nello stesso modo, vale a dire che la diversità della didattica sta nella concezione stessa dell’istituzione dell’iniziativa.
Le prospettive

Tra il 1900 ed il 1901 in Italia nacquero Università Popolari ,la scuola era privilegio di pochi, l’Università era  ancora più inaccessibile. Illustri uomini di cultura offrirono   tempo e competenze a questa  sfida affascinante  per l’epoca: tra i docenti Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce, Roberto Ardirò, Luigi Einaudi.
In Italia, pur se cresciuta la presenza, le dimensioni  sono  ancora limitate se si rapportano  ad esperienze come quella della  Germania o della   Finlandia   dove nell’arco di 20 anni si è passati da livelli di partecipazione pari al 20% della popolazione compresa dai 18 agli 83 anni del 1972 al 44% del 1980, per giungere nel 1990 all’85% della popolazione.
L’università popolare oggi, può essere definita, come un centro di educazione e di recupero permanente aperto a tutti, senza esclusione di sorta, che non si pone come obiettivo il titolo di studio, bensì il sapere e la curiosità della conoscenza. In questo modo il contributo fondamentale
è dato dalla motivazione che i singoli partecipanti hanno, in modo tale che  i loro interessi determinino il programma dell’Università Popolare e ne indirizzano lo sviluppo. Le due dimensioni  della formazione-riconversione e aspetto ludico di fondono.
Questa impostazione che può sembrare impossibile o produttrice  di occasionalità diventerebbe vincente se il territorio e la lungimiranza  amministrativa percepissero e rispondessero alle esigenze  dei cittadini ,unendo  insieme percorsi irrealizzati  di formazione, che oggi hanno costi sempre crescenti , e realizzazione delle persone in un ambito territoriale che ha  e sa comunicare un disegno organico.
Con questo metodo vanno  lette queste righe e  lo spazio dell’università popolare nel contesto di un comitato Eda.
Il comitato deve  rispondere   al nostro  territorio frammentato in piccoli  comuni con vocazione diversa , con  rappresentanze politiche diverse  ma che devono rispondere con un disegno unitario  alle esigenze diverse. Deve collocare l’università  come risposta  formativa e socioculturale in questo territorio, pensando  alle sedi, e a prospettive tecnologiche quali la rete di videoconferenze, internet, ecc.