L’università popolare dell’area falisca
Il territorio falisco costituito da comuni di piccole dimensioni che oggi caratterizzerei come il distretto industriale ceramico, condivide nei suoi centri tratti omogenei storico culturali all’interno dei quali si aprono scenari di forte differenziazione, un po’ come se la storia riproducesse lo scenario geografico del territorio, la vasta pianura a sud dei Cimini che vede il Soratte come riferimento e che nasconde a brevi tratti “forre” con una loro vita e un loro microclima.
Si pensi a Fabrica di Roma incardinata e parte dello stato di Castro e Ronciglione,con vicende diverse da Civita Castellana, ma che oggi ha nel suo territorio la gran parte dell’attività produttiva del distretto ceramico senza neppure sentirsi amministrativamente questo ruolo e responsabilità.
Ho voluto premettere questa nota perché vedo una università popolare possibile e necessaria solo per l’intero territorio, ma questa deve essere in grado di dare risposte ed illuminare i suoi angoli diversi.
Uno sguardo al territorio
Non è il luogo per sciorinare cifre ma dei macro fenomeni non possono non essere richiamati: abbiamo, ad esempio, comuni con un saldo demografico positivo (Nepi) e comuni con saldo negativo. Comuni come Nepi, Monterosi sentono una presenza forte della capitale, un crescente numero di persone che vengono a trascorrere nella nostra area il tempo non lavorativo e si stabiliscono in centri residenziali. La scelta del nostro territorio non è solo dovuta ad una più forte considerazione della qualità della vita, spesso è una scelta forzata da situazioni familiari che non consentono più di sopportare i costi quotidiani di Roma, o un punto di arrivo dell’immigrazione comunitaria e extracomunitaria. Altri comuni rimangono meno coinvolti da questi flussi demografici e hanno un saldo demografico negativo.
La realtà produttiva è fortemente cambiata nel fatturato, interi settori della ceramica hanno chiuso,mentre in altri è mutato il ciclo produttivo e con esso le competenze richieste per il lavoro.
Le scuole superiori sono ormai tutte presenti nel territorio, ma non sempre generano la vivacità culturale che in questo panorama sarebbe necessaria.
La formazione è praticamente assente e quando propone dei corsi questi sono staccati da una vera analisi dei fabbisogni e da un quadro progettuale di sviluppo che il territorio condivida.
Contestualmente, la mobilità nel lavoro ha registrato la diminuzione di migliaia di posti di lavoro.
La risposta positiva nel territorio dell’area VT5 alla sollecitazione regionale per una costituzione di un comitato per l’educazione degli adulti , rivela una nuova sensibilità o una nuova emergenza che viene percepita da amministratori e cittadini; questi avvertono l’esigenza di completare un loro progetto personale , di riempire con interessi culturali il quotidiano,altri in modo più pressante hanno bisogno di convertire o ricostruire nuove competenze per il lavoro; in questo spazio di attenzione si colloca l’attività dell’università popolare.
In Italia, tra gli scopi delle Università Popolari, vi è storicamente la volontà di offrire ai cittadini di tutte le età un servizio di crescita culturale. I corsi offerti riguardano i più diversi argomenti, rispondendo all’esigenza di un aggiornamento , come al bisogno di una preparazione specialistica per chi intende inserirsi e qualificarsi nel mondo del lavoro.
Altre volte la finalità dell’istituzione sembra avere alla base l’idea di un luogo di ritrovo delle persone, per combattere la loro solitudine.
Un tempo, grazie alla sensibilità sociale e al volontariato, a proposte del mondo religioso parrocchiale e associazionistico, era possibile raggiungere alcuni degli obiettivi descritti; oggi a quel quadro non si è sostituita una nuova ,”laica “ progettazione organica del territorio, ma si tende a pensare al pubblico come strumento di finanziamento , come centro istituzionale che permette accesso a risorse locali o europee.
Se riuscissimo a valorizzare la leva del volontariato, dell’associazionismo e ricondurre questi ad una visione organica del territorio, supereremmo impasse burocratici e daremmo un valore aggiunto all’attività.
Delle risposte al territorio
Costruire un progetto condiviso per il futuro, permette di ricondurre le risorse alle progettualità locali evitando sovrapposizioni , inutile dispiego di impegni finanziari e frammentazione, ribaltando così l’approccio di tanti progetti di formazione oggi costruiti guardando più alle disponibilità e ai caratteri dei finanziamenti ottenibili con il fondo sociale europeo piuttosto che alle effettive esigenze del territorio.
L’intero sistema economico del distretto , sta infatti vivendo come molte altre realtà locali a nord di Roma , una fase di riconversione e ristrutturazione aziendale laddove non addirittura di completa dismissione degli impianti industriali e artigianali esistenti, contestualmente popolazione e attività economiche dal cuore metropolitano romano si muovono verso i nostri territori sollecitando i comuni raggiunti dalle consolari , mutando la fisionomia della popolazione e le attività interne all’area stessa.
Rallentamento economico da un lato e nuove opportunità di sviluppo territoriale dall’altro richiedono un’azione di media-lunga durata attraverso la quale si possa operare una rivitalizzazione dell’economica, della cultura e del sociale.
In questo ambito l’università popolare può operare nella cultura e nel sociale,offrire formazione per il lavoro,incentivare il ruolo di attrazione del territorio rendendolo ospitale, lavorando per il miglioramento della qualità della vita, dell’offerta sociale, culturale e turistico-ricreativa.
Occorre mettere a sistema e promuovere tutte le risorse presenti sul territorio, valorizzando le relazioni con gli attori locali .
Di qui la logica di armonizzare l’intervento dell’università popolare all’interno dell’Educazione per gli adulti e di un lavoro di analisi dei fabbisogni che i comuni della VT5 hanno intrapreso.
Si tratta di scrivere un libro, ma un libro i cui capitoli non siano staccati bensì parte di un progetto unitario.
Quale università popolare risponde a questo quadro? Tempo libero e terza età o didattica? La risposta non deve essere cercata in un nome, non in un soggetto giuridico quanto nel disegno: la dimensione dovrà coprire l’intera area, le esigenze spesso diverse dovranno comporsi quale sia il comune capofila, indipendentemente dalla struttura istituzionale che la ospiterà.
La scelta, a nostro giudizio, è di attribuire un connotato propriamente didattico e risponde alle concezioni più moderne e rispettose delle persone. “Le persone anziane sono prima persone poi anziane”, lo stesso vale per le altre categorie sociali.
Quando si fa didattica si creano i presupposti di affiatamento tra le persone più che di quanto accada con semplici attività ludiche. Nel nostro caso la didattica mentre forma una persona, la fa socializzare, risponde anche alle forti esigenze di riqualificazione di un territorio che ha una profonda trasformazione come distretto industriale, e un più grande mutamento demografico.
Analizzando i dati nazionali osserviamo che non tutte le Università operano nello stesso modo, vale a dire che la diversità della didattica sta nella concezione stessa dell’istituzione dell’iniziativa.
Le prospettive
Tra il 1900 ed il 1901 in Italia nacquero Università Popolari ,la scuola era privilegio di pochi, l’Università era ancora più inaccessibile. Illustri uomini di cultura offrirono tempo e competenze a questa sfida affascinante per l’epoca: tra i docenti Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce, Roberto Ardirò, Luigi Einaudi.
In Italia, pur se cresciuta la presenza, le dimensioni sono ancora limitate se si rapportano ad esperienze come quella della Germania o della Finlandia dove nell’arco di 20 anni si è passati da livelli di partecipazione pari al 20% della popolazione compresa dai 18 agli 83 anni del 1972 al 44% del 1980, per giungere nel 1990 all’85% della popolazione.
L’università popolare oggi, può essere definita, come un centro di educazione e di recupero permanente aperto a tutti, senza esclusione di sorta, che non si pone come obiettivo il titolo di studio, bensì il sapere e la curiosità della conoscenza. In questo modo il contributo fondamentale
è dato dalla motivazione che i singoli partecipanti hanno, in modo tale che i loro interessi determinino il programma dell’Università Popolare e ne indirizzano lo sviluppo. Le due dimensioni della formazione-riconversione e aspetto ludico di fondono.
Questa impostazione che può sembrare impossibile o produttrice di occasionalità diventerebbe vincente se il territorio e la lungimiranza amministrativa percepissero e rispondessero alle esigenze dei cittadini ,unendo insieme percorsi irrealizzati di formazione, che oggi hanno costi sempre crescenti , e realizzazione delle persone in un ambito territoriale che ha e sa comunicare un disegno organico.
Con questo metodo vanno lette queste righe e lo spazio dell’università popolare nel contesto di un comitato Eda.
Il comitato deve rispondere al nostro territorio frammentato in piccoli comuni con vocazione diversa , con rappresentanze politiche diverse ma che devono rispondere con un disegno unitario alle esigenze diverse. Deve collocare l’università come risposta formativa e socioculturale in questo territorio, pensando alle sedi, e a prospettive tecnologiche quali la rete di videoconferenze, internet, ecc.