L’amianto è un minerale largamente diffuso in natura, con la caratteristica di cristallizzare in forma fibrosa. In virtù della sua struttura esso può essere filato, tessuto, ed ha proprietà fisiche eccezionali come isolante termico, acustico, elettrico e resistente ad agenti chimici.
Una credenza popolare racconta che l’amianto fosse in realtà la lana tessuta dalla salamandra, la quale per questo potesse avvicinarsi al fuoco senza rimanere uccisa.
Veniva estratto ed utilizzato dai Persiani e dagli antichi Romani per la tessitura di teli per avvolgere le salme che sarebbero state cremate.
Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. descrive l’amianto come una sostanza rara e pregiata, simile all’allume, che non si consuma col fuoco e che resiste alle stregonerie.
Fu proprio Plinio il Vecchio, uno dei primi a notare una correlazione per cui gli schiavi assegnati al lavoro nelle miniere di amianto, avevano problemi di salute assai più frequentemente degli altri schiavi.
Il minerale venne poi frequentemente utilizzato durante tutto il medioevo, per gli usi più disparati, da eccipiente nei rimedi erboristici agli stoppini per lumini.
Con buona probabilità i lunghi tempi per il manifestarsi dei sintomi correlati alla grave patologia del mesotelioma pleurico erano superiori alle aspettative di vita di quelle epoche. Fu così che alla storia dell’uomo mancò un personaggio il quale potesse regalare quella stessa osservazione empirica, curiosità e genialità di Plinio.
Fu così che l’Italia presentò all’ Esposizione Universale di Parigi, alle pendici della Torre Eiffel appena inaugurata, dei campioni di amianto come un materiale “revival”, un materiale conosciuto nel passato ma da riscoprire nel presente.
Il basso costo di estrazione unito alle innumerevoli virtù tecnologiche decretarono il successo del materiale nell’impiego in molteplici applicazioni estremamente diversificate.
Nel 1901, l’austriaco Ludwig Hatschek ottiene il brevetto per l’uso del miscuglio cemento-carta-amianto con il nome commerciale “Eternit”, proprio a voler sottolineare la durevolezza dei manufatti nel tempo.
Ebbe gran risalto nel 1903, in seguito ad un incendio che aveva causato 83 morti, la sostituzione nella Metropolitana di Parigi di materiali infiammabili con manufatti contenenti amianto, compresi i freni delle carrozze. Avvenne lo stesso nella metropolitana di Londra e poi nel 1932 per la coibentazione del transatlantico Queen Mary. Questi eventi furono così tanto mediatici da indurre una eccessiva reclamizzazione dell’amianto fino a favorirne una diffusione di massa in scuole, ospedali, palestre, cinema e teatri oltre che in tutti i settori industriali.
Nella scena del film “Il mago di Oz” dove Dorothy e compagni vengono sorpresi dalla neve in un campo di papaveri, quella neve trattasi di amianto puro.
La diffusione di massa dell’amianto aumenterà fino agli anni ’70.
Ma quando è che ci furono i primi sospetti della nocività del materiale?
Il primo resoconto delle gravi conseguenze dell’inalazione delle polveri di amianto per gli operai che lo lavoravano è del 1898, anno in cui un’ispettrice inglese descrisse una malattia dei polmoni causata dalle polveri di amianto presenti negli ambienti di lavoro.
Nel 1908 in Italia ad un congresso di medicina interna si riferì uno studio su trenta operai deceduti in seguito a esposizioni a polveri di amianto. Nel 1918 le assicurazioni americane e canadesi smisero di offrire le loro polizze assicurative ai lavoratori dell’amianto.
Negli anni ’30 gli imprenditori, avendo paura di veder distrutti i loro profitti per via dei rapporti medici che facevano intendere le ipotesi più catastrofiche adottarono varie strade volte a prendere delle contromisure.
La strategia concordata si basava sulla ammissione che, il pericolo, sebbene possibile, fosse minimo. Questa minimizzazione dei rischi, sempre e con ogni mezzo, in qualsiasi circostanza e ogni volta se ne presentasse l’occasione era anche avvalorata dal fatto che una così grande diffusione non avrebbe potuto causare una nuova peste bubbonica, ma solo qualche piccolo rischio gestibile con i dispositivi di protezione riservato agli “addetti ai lavori”.
E’ facile capire come, senza affidarci alle teorie del complotto, la diffusione di massa di qualsiasi prodotto, calmieri un pur velato sospetto: “Ti pare che se faceva così male lo usavano dappertutto?” – E’ quello che viene da pensare.
Altro metodo utilizzato dalle compagnie di produzione del materiale, su come smontare le ipotesi più cupe sulla pericolosità del minerale, fu quello di finanziare la ricerca sull’amianto, la sua correlazione con altre patologie come la tubercolosi, e i danni sui topi esposti a piccole quantità di amianto. L’obiettivo era sempre quello di minimizzare il rischio con una controinformazione non propriamente falsa ma di parte.
Il 1965 costituisce comunque la data in cui la comunità scientifica internazionale suggella definitivamente l’esistenza di effetti cancerogenetici dell’amianto.
Ci vollero decenni di dibattiti fra le lobby dell’amianto e le comunità medico-scientifiche per far aprire gli occhi al legislatore solitamente lento a prendere decisioni nette.
In Italia solo dal 1992, venne messo al bando il pericoloso minerale.
Sottolineare i ritardi con cui le norme legislative hanno recepito l’allarme che già a partire dai primi anni del secolo era stato lanciato sulle terribili conseguenze dovute all’inalazione di fibre di amianto è interessante storicamente affinché una così miope veduta non venga ripetuta dall’uomo in altri campi del progresso tecnologico, il quale porta sì progresso e welfare ma spesso a caro costo.
I processi penali contro Eternit decretarono nel 2013 la colpevolezza di Eternit in appello, e prescritti in terzo grado.
Si sapeva, ma si è ritardato in nome del Dio profitto.
Giorgio Maria Reali