Un rapporto di Legambiente illustra tutti i rischi legati alle 117 nuove trivelle che minacciano il mare e il territorio italiano. Sul territorio sono stati concessi 21 nuovi permessi di ricerca (per un totale di 41.200 chilometri quadrati) e neppure il mare è stato risparmiato. Sono infatti 25 i permessi di ricerca rilasciati fino 31 maggio 2011, per un totale di quasi 12mila chilometri quadrati. Dodici riguardano il canale di Sicilia, sette l’Adriatico settentrionale, tre il mare tra Marche e Abruzzo, due la Puglia e uno la Sardegna. Se ai permessi rilasciati si sommano anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera secondo le stime dell’associazione ambientalista l’area coinvolta diventa di 30mila chilometri quadrati, una superficie più grande della Sicilia.
In Italia nel 2010 sono state estratte 5 milioni di tonnellate di petrolio (di cui circa 700mila tonnellate a mare).
La produzione di petrolio da trivellazione a mare, avviene in due zone in particolare: la costa meridionale siciliana, tra Gela e Ragusa, dove nel 2010 si è prelevato il 54% del totale, e il mar Adriatico centro meridionale dove è stato estratto il restante 46%. Proprio su queste due zone, secondo il dossier, si concentra l’attenzione delle compagnie (soprattutto straniere) per le nuove trivellazioni, che non intenderebbero risparmiare neppure aree marine protette come le isole Egadi e Tremiti.
Legambiente esprime poi anche la propria preoccupazione per un disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento per l’adozione di un Testo Unico sulla ricerca e la coltivazione degli idrocarburi nel quale è prevista la semplificazione dell’iter autorizzativo escludendo motivazioni di carattere ambientale. (Fonte ANSA).